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Dalle due alle quattro circa

  • Immagine del redattore: Astra
    Astra
  • 5 ago 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

La particolarità di E. è che nel primo pomeriggio, dalle due alle quattro circa, non bisogna fare alcun rumore. Nessuno deve sentirti camminare sull’asfalto o dondolare sull’altalena, né fare di fretta le scale per arrivare alle case del residence. Non importa cosa tu debba fare, tra le due e le quattro non deve volare una mosca. Si fa forse un’eccezione per i pochi bagnanti della piscina, che aspettano le ore più calde per averla solo per loro: si comportano come professionisti — tant’è che si può dire siano ottimi nuotatori, con le loro spalle dritte e le gambe lunghe. Si tratta di uomini ormai adulti, ben oltre la cinquantina; difficile scorgere una donna tra di loro. Queste figure si disinteressano della vita pubblica del paesino, raramente si incontrano la sera al bar, fulcro di essa, e solo se accompagnati dalla moglie o dai nipoti. Questo perché E. è principalmente popolata di pensionati e i loro nipoti. Persone di altre età vi passano l’estate solo perché sono legate ad una di queste categorie: sono quindi amici o genitori dei bambini, figli dei pensionati. Sono anch’esse creature sfuggenti, compaiono ad agosto e restano due settimane. Passano il tempo a paragonare lo splendido clima temperato della montagna ligure a quello della loro città di residenza: ad E. si stima ci siano più milanesi che liguri.

Un altro gruppo ben distinto dagli altri sono i nipoti ormai cresciuti, nella fascia venti-venticinque, che ad E. hanno passato tutte le loro estati ed ormai sono come consanguinei. Almeno per tre mesi l’anno. È tipico vederli giocare a carte sulle sdraio, fare interminabili partite a tennis, a terra o da tavolo, e tornare la sera dopo mezzanotte, andati alla ricerca di qualche tipo di svago verso Imperia. Sono loro che insegnano a noi, fascia più piccola tra i tredici e i diciotto, a vivere la vita dei ragazzini tra i sentieri e i torrenti. Imitarli è semplice: scegliere il giusto mazzo di carte da Uno, fare un numero incontenibile di bagni in piscina che non possono durare meno di quaranta minuti, consumare diligentemente un gelato al giorno, rigorosamente con il cono. E poi organizzarsi all’ultimo, quando la nonna già ha messo sull’acqua la pasta, per cenare con un hamburger alto una spanna al bar della piscina. Occasionalmente quel bar diventa punto di ritrovo per chi deve fare i compiti e per chi ha deciso di dare fastidio a questi ultimi. Tendenzialmente dopo un’ora di tentativi si abbandona l’opera, ci si mette le scarpe da ginnastica al posto delle infradito e si va al torrente. Che sia quello alto o quello basso è indifferente. In quel momento i ragazzi non sono più ragazzi ma giovani esploratori, all’occorrenza folletti: si sta lì a chiacchierare, al fresco e preda delle zanzare, osservando ragni che fanno ragnatele ed uccelli che spiccano il volo dagli alberi tutto intorno. Qualche coraggioso immerge i polsi nell’acqua gelata che scorre ininterrottamente. Una o due volte ho assistito anche ad un bagno.

Sono speciali invece le giornate di pioggia. Ci si rifugia nel posto più vicino, e tendenzialmente si incappa in ore di noia, che magari sono solo una mezzora. Io apprezzo correre sotto l’acqua, sentire il freddo improvviso e poi mettersi sotto una doccia calda. Le docce calde sono la chiave per il bagno di mezzanotte a ferragosto: il temporeggiare sul bordo, dimenticarsi il costume ed usare la biancheria, e poi immergersi e scoprire — come se non fosse stato lo stesso per gli anni precedenti — che la piscina è tiepida. I tuffi e le discese dal piccolo scivolo, partite a palla, battaglie sulle spalle dei ragazzi, le gare di apnea. Per qualche tempo la piscina è nostra e nostra soltanto: i nonni e i genitori osservano e filmano dalla scala di accesso, spettacolo imperdibile.

Si tenta ogni tanto di organizzare le giornate al mare, magari a S.B., con quel bus sgangherato che passa solo due volte al giorno ed ondeggia, fa venire il mal di mare. Però valgono le risate, l’acqua salata negli occhi e le scottature nonostante ci facciamo la promessa di stare attenti, questa volta. Poi penso ai pomodori in insalata con le cipolle di Tropea, magari comprate dai contadini di lì. Il mercato del martedì a D.M., le giostre il mercoledì sera perché costa meno, la spiaggia di sassi di C. dalle otto alle dieci del mattino, in cui non serve portare l’ombrellone perché il sole non batte così forte. La colazione con la brioche e il cappuccino bollente, prima che ci sia la ressa della domenica.

E. è casa mia più di tanti altri posti. Ti prende con sé senza chiedere niente in cambio, e si farà sentire anche se dovessi essere dall’altra parte del mondo.

In questo senso il rientro a Milano lascia sempre qualcosa in bocca, forse amaro o forse dolce, perché in un certo senso quel che è stato vorresti non fosse finito ma altrimenti che gusto ci sarebbe? Casa è sempre casa, ed E. è sempre E.





L’angolo di Astra, retaggio di Wattpad

Rientrata da poco dalle vacanze al mare e già in partenza per la montagna mi sento malinconica. Luglio è volato ed io con lui, tra angosce selvagge e qualche spritz (ops). Mi tocca affrontare agosto, duro e crudo, cercando di non farmi mancare la mia amata E. insieme alle sua splendida popolazione.





 
 
 

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